di Giorgio De Zorzi
Il nome di Amaro deriva probabilmente dal toponimo prediale latino: Amarus. Nella zona, ideale guado del fiume Fella, si registra un’attività antropica sin dall’età del bronzo, mentre durante l’età del ferro (prima metà del II millennio a.C.) si assiste allo stanziamento di popolazioni paleovenete (Veneti ed Euganei), come dimostrano i reperti ritrovati in località “I Maleits”.
In seguito vi fu lo stanziamento dei Galli Carni, tra il VI e il II secolo a.C., poi sottomessi dai romani. Sembra che il primo abitato avesse nome Olmade e che tra il periodo gallico e quello romano acquisì poi il nome di Amaro.
In epoca romana qui esisteva una borgata fin dal I sec. d.C., sorta lungo la via Iulia Augusta, probabilmente con la funzione di stazione di posta e cambio cavalli e pare anche di custiodia di barche e dei ponti sul Fella. Dei reperti archeologici innerenti sono stati ritrovati nel 1886 in località Braida, presso una via chiamata Pedrade, di cui è però sopravissuto un’epigrafe e poco altro. Poco lontano dal luogo del ritrovamento fu localizzata un’area funeraria per incinerazione. Qui vennero ritrovati oggetti in bronzo e ferro, ceramiche e monete dell’epoca di Vespasiano, Tito e Domiziano.
Amaro in una vecchia cartolina.
Nel 1077 la villa di Amaro divenne feudo del Patriarca di Aquileia. Il primo documento che cita il paese è del 1270 e vi si legge “in Amaro”.
Subentrò al potere patriarchino, nel 1420, la repubblica di Venezia. In quest’epoca Amaro faceva parte del quartiere carnico di Tolmezzo. Negli anni seguenti il luogo seguì le sorti degli altri comuni viciniori. A livello ecclesiastico, fino al 1777 fece parte dei possedimenti dell’abbazia di Moggio, per passare poi all’Arcidiaconato della Carnia.
Amaro venne costituito in comune con un decreto napoleonico del 1807 (n. 283 del 22 dicembre), inserito nel Cantone e Distretto di Tolmezzo. Durante l’epoca asburgica divenne comune di III classe, ovvero senza consiglio e sindaco, ma amministrato da un’assemblea di possidenti (estimati) guidata da una deputazione di tre membri. Venne compreso nel Distretto di Tolmezzo.
Il 19 febbraio 1853 ci furono delle scosse di terremoto che ebbero l’effetto di sollevare le nevi del monte Amariana e farle ricadere su Amaro come una nevicata a ciel sereno. Nel 1866 entrò a far parte del Regno d’Italia, nel mandamento di Gemona del Friuli.
Durante la Seconda Guerra Mondiale, alle comuni privazioni e sofferenze si aggiunse quella dell’invasione cosacca: il 26 agosto 1944 duemila Cosacchi invasero Amaro e Tolmezzo. Ci furono diverse violenze. Il paese fu tra le sedi principali dei reparti caucasici.
Nel dopoguerra ci fu un certo sviluppo, ma il sisma del 1976 colpì duramente il paese, che si trovava vicinissimo all’epicentro, devastandolo. La volontà di ricostruire fu tenace e premiata anche con una medaglia d’oro al valor civile, con la seguente motivazione: “In occasione di un disastroso terremoto, con grande dignità, spirito di sacrificio ed impegno civile, affrontava la difficile opera di ricostruzione del tessuto abitativo, nonché della rinascita del proprio futuro sociale, morale ed economico. Splendido esempio di valore civico e d'alto senso del dovere, meritevole dell'ammirazione e della riconoscenza della Nazione tutta.”.
Il 26 luglio 1979 fu inaugurato il tratto autostradale dell’A23, iniziato nel 1973, che da Udine giungeva ad Amaro. Negli ultimi anni ad Amaro si è sviluppata un area industriale che accoglie diverse realtà produttive.
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