di Giorgio De Zorzi
Pracchiuso era in antichità una delle ville che attorniavano Udine. Il suo nome è di etimologia incerta. Sembrerebbe derivare da “pratum clausum”, a causa di una cascina riservata al Patriarca che sorgeva nei pressi e alla quale forse era annessa un’area demaniale destinata a pascolo e non accessibile dagli altri abitanti. Potrebbe però derivare anche da “pratum Curie”, ad indicare comunque un luogo di proprietà demaniale, probabilmente assai esteso, tenendo conto di altri toponimi come “prati del Patriarca” esistente ancora oggi nella zona di via del Bon e Pradamano, in precedenza indicati come “pratum demanii”. Da un rogito del notaio Francesco di Nasuto del 24 ottobre 1292 si rileva: “duos passus terre sitos in villa Utini loco qui dicitur Pratclus quorum hii sunt confines, ab una parte est casina D.ni Patriarche.”.
I resti di Porta Pracchiuso sul finire dell'Ottocento.
Pracchiuso era detto anche Borg di S. Gervâs, per la chiesa intitolata ai santi Gervasio e Protasio, che sorgeva ove oggi sorge il convento della Madonna delle Grazie. Già nel 1040 si ricorda l’esistenza di un antico ospizio dei Santi Gervasio e Protasio, retto dai frati di Monte Cassino. Venne chiamato anche “Bòrc Cividât di fùr" (Borgo Cividale di fuori) e Bòrc Sant Gotàrd.
Nel 1221, il Borgo viene ancora citato per la presenza di S. Antonio da Padova, che qui ha sostato mentre era diretto a Gemona del Friuli e che predicò agli abitanti di Pracchiuso da sopra un gelso. La villa di Pracchiuso fu incorporata nella città con la costruzione della quinta cerchia di mura, resasi necessaria nel 1327 dalle bellicose intenzioni di Ludovico il Bavaro e realizzata a più fasi dal 1328 al 1440.
Vennero aperte le porte di Cividale e di Cassina. La prima divenne poi Pracchiuso. La seconda, posta in fondo all’odierna Via Sant’Agostino, venne chiusa nel 1412 perché ritenuta poco sicura. Da quest’ultima porta la roggia entrava in città e tramite essa si faceva anche giungere a Udine il legname, che veniva fatto fluitare sulle sue acque fino ad una grata posta in via S. Agostino.
Nel 1355 la famiglia Valentinis, che possedeva un vasto appezzamento di terreno tra le attuali vie Agricola, S. Agostino ed il parco della Rimembranza, erigeva a proprie spese, presso porta Cividale, un oratorio intitolato a San Valentino, ossia quella che oggi è la chiesetta di Sant’Antonio. Probabilmente il motivo che spinse ad intitolarlo a San Valentino deriva anche dal fatto che il santo era invocato contro la peste e la grande pandemia di Peste Nera del 1348 aveva lasciato il suo segno anche in città. Tra l’altro, fuori porta Cividale, a San Gottardo, un tempo c’era un luogo di ricovero che fungeva anche da lazzaretto.
Il Santuario della Madonna delle Grazie in una stampa dell'Ottocento.
In seguito, Elena Valentinis, con le proprie sostanze, fondò nel borgo un convento per le Agostiniane o Mantellate. Nel 1479, a causa della decadenza e conseguente soppressione dell’ordine, i celestini lasciano la chiesa di S. Gervasio ai Servi di Maria, chiamati dal Luogotenente Giovanni Emo, che la intitolarono alla Vergine Maria. I Serviti cominciarono il loro ufficio e contemporaneamente la costruzione del monastero e la ristrutturazione della chiesa. Il 14 febbraio 1513 fu fondata la confraternita di San Valentino. Questa confraternita si diede subito da fare costruendo la nuova chiesa e ottenendo che divenisse parrocchia.
Proprio dagli archivi parrocchiali, redatti dal parroco Luca Zillio, abbiamo notizia dell’epidemia di peste che il 27 settembre 1598 colpì il borgo. Fu deliberato dal Luogotenente di tenere in quarantena l’intera zona, proibendo a tutti gli abitanti, pena la vita, l’uscir di casa. Il 25 novembre del medesimo anno si dichiarò cessata la quarantena e il borgo fu riaperto alla circolazione. Viene annotato che morirono 55 persone nel borgo e 23 nel lazzaretto. Nel 1664 fu eretta la chiesa di S. Agostino nella via omonima, ove oggi c’è il civico n. 2.
Nel 1672, a metà di via Pracchiuso, fu fondato un monastero di monache terziarie dei Servi di Maria, dette della Beata Vergine dei Sette Dolori. Il monastero fu nel 1689, grazie alla donazione di un fondo, unificato con la chiesa di S. Valentino.
La confraternita di San Valentino chiese al comune di Udine l’istituzione di una fiera o sagra per celebrare il suo Santo, cosa che ottenne il 20 febbraio 1688, e che si svolse per la prima volta nei giorni 14-15-16 febbraio del 1689. Ancora oggi ogni 14 febbraio si festeggia il santo nella sua chiesa e con una festa che coinvolge tutto il borgo.
Durante l’occupazione francese, con la soppressione degli ordini religiosi, i serviti abbandonarono le Grazie; il convento delle Agostiniane venne requisito e fu adibito a caserma, l’attuale Di Prampero, sede della Julia. Anche il convento della Vergine dei Sette dolori venne destinato ad usi militari. Nella I guerra mondiale divenne un ospedale militare. Nel 1820 circa, l’oratorio di S. Valentino cessò di essere adibito al culto e divenne un’osteria che fu chiamata “al Boia”, in quanto in via Tomadini vi era la cosiddetta “braide dal Boe”.
Nel 1899 fu demolita porta Pracchiuso o quel che ne restava: la torre infatti era stata demolita nel 1846 perché pericolante. Questa porta vide l’arrivo di eserciti invasori e di quelli di liberazione, ma anche testimonianza di varie attività del Borgo e della città, compreso il passaggio dei pellegrini che venivano alla Madonna delle Grazie o quelli che andavano a “Madone di Mont” (Santuario di Castelmonte).
Sempre nel ‘99 l'oratorio, adibito oramai ai più svariati usi, venne ceduto al parroco delle Grazie. Fu ristrutturato e il 29 dicembre 1901 venne riconsacrato, al S.S. Redentore (nel 1957 venne ridedicato a S. Antonio da Padova), con una celebrazione officiata dall’Arc. Pietro Zamburlini. Nella I guerra mondiale fu requisito dal nostro comando per farvi un deposito di materiali. All’arrivo degli austriaci i materiali furono tenuti nascosti dal parroco per dieci mesi, fino a quando l’istallazione di un posto di gendarmeria nei pressi portò a scoprirne il contenuto. Le porte furono divelte e i gendarmi asportarono tutto il contenuto che ammontava ad un valore di circa 100.000 lire d'allora. Le campane vennero fatte precipitare dalla sommità del tetto. L’energico intervento del parroco, con regolamento del comando austriaco alla mano, fece si che i soldati fossero costretti a riparare al danno. All’arrivo degli italiani nel novembre 1918 ci furono degli scontri a fuoco in piazzale Oberdan, che segnarono anche la costruzione sacra.
Panoramica dall'alto del borgo con la chiesa e il campanile di San Valentino.
Nel 1935, grazie alla generosità dei fratelli Venerio e di Marco Volpe, sorse l’istituto geriatrico che oggi si chiama La Quiete e che recentemente ha nuovamente riaperto il suo ingresso su Via Pracchiuso. Nel 1999, nell’edificio che ospitava l’Ospedale Militare trovò sede anche il Distretto Militare di Udine e il Dipartimento di Medicina Legale dell'Università. E dal 2022 ha preso qui sede la Prefettura di Udine.
Borgo Pracchiuso diede i natali a diversi uomini e donne illustri. Ricordiamo tra i più eminenti Bonaldo Stringher, fondatore della Banca d’Italia e Tina Modotti, fotografa di fama mondiale.
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